domenica 8 marzo 2009

La Quarta Guerra di John Frankenheimer

"La Quarta Guerra" (the fourth war). Con Roy Scheider, Jurgen Prochnow, Harry Dean Stanton, Lara Harris. Drammatico. Durata 92 min. - USA 1990.

La Quarta Guerra è la venticinquesima opera di un regista cinematografico che non ci stancheremo mai di rimpiangere. John Frankenheimer, il solido professionista, veniva chiamato: ma in verità regista intelligente, eastwooniano a suo modo, con un paio di film indimenticabili nella sua carriera. Uscito nelle sale nel 1990, The Fourth War (questo il titolo originale) è, a mio avviso, pur nelle sue imperfezioni, un film da non lasciare nel dimenticatoio. Uno di quelli che bisognerebbe che i critici sapessero recuperare.

Non so con che armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma so per certo che la quarta si combatterà con pietre e bastoni”. Da questa frase di Einstein l’assunto del film che narra di un colonnello americano, reduce del Vietnam e di molte missioni segrete, che si ritrova a capo di una base militare tedesca ai confini con l’europa dell’Est. Il suo incontro (scontro) con un suo speculare in grado (ed in temperamento) colonnello dell’Esercito Russo, reduce dall’Afghanistan, si trasforma in uno scontro privato che rischia di coinvolgere anche le due superpotenze.

La frase di Einstein passa attraverso due palle di neve, nella bellissima scena in cui (il mai dimenticato) Roy Scheider e Jurgen Prochnow si confrontano la prima volta: impossibilitati ad agire, ma “necessitari” di farlo, si sfidano con quello che hanno. Ed il film è tutto un crescendo: da piccole scaramucce ad una guerra privata fatta senza esclusioni di colpi, per due uomini che – volenti o nolenti – si ritrovano a saper rispondere solamente in questo modo alle problematiche della loro vita, perché è così che “il sistema” volevano essi fossero. Forse uno dei film più vicini al primo Rambo (da David Morrell) di Ted Kotcheff, anche se la messa in posa di Frankenheimer mescola azione (Frankenheimmer è stato uno dei veri maestri dell’action movie) e politica, dramma e ironia, rispetto all’essenzialità di First Blood.

Da brividi il finale, con gli eroi esausti accerchiati dai rispettivi eserciti: ma tutto il film è arricchito da una vena accorata che difficilmente si trova in pellicole di questo tipo. Un’opera non scevra di alcuni limiti, ma assolutamente da rivalutare e (ri)vedere.


Tequila Connection di Robert Towne

"Tequila Connection" (tequila sunrise). Con Mel Gibson, Kurt Russell, Michelle Pfeiffer, Raul Julia, J.T.Walsh. Durata 115 min. - USA 1988.

Robert Towne è uno degli sceneggiatori più importanti di Hollywood. Sue le sceneggiature di Chinatown di Roman Polanski e Missouri di Arthun Penn, per dire. Come regista ha fotto poche cose di cui pochi si ricordano. Esordisce nei primi anni ottanta con Due donne in gara, che narra con acume la preparazione atletica di due lesbiche che si preparano alle Olimpiadi di Mosca durante il periodo della Guerra Fredda. Nel 1998 comincia un sodalizio artistico con Tom Cruise. L’attore americano produrrà le ultime due regie di Towne: No Limits, biografia dell’atleta record del mondo Steve Prefontaine, e Chiedi alla polvere, dal mitico John Fante, con Collin Farrell.
Forse in effetti la carriera registica di Towne sembra confermare che egli è più a suo agio nella scrittura. Tuttavia nel 1988 capita nelle sale il suo secondo film, Tequila Connection, interpretato da uno stuolo di divi all’epoca giovani e sulla cresta: Mel Gibson, Michelle PFeiffer, Kurt Russell e (il compianto) Raul Julia, tutti perfettamente inseriti nei rispettivi personaggi. Amici per la pelle, un ex trafficante di droga ed un poliziotto della narcotici, si trovano immischiati nelle sponde opposte nell’ultimo (forse) colpo del primo. Ma questa volta c’è di mezzo anche una affascinante donna ed un misterioso boss della droga messicano.
Il film potrebbe sembrare un noir – poliziesco, ma dietro la patina si nota un prodotto più anomalo che ha la sua punta di forza nella sceneggiatura (dello stesso Towne): attraverso un percorso non lineare assistiamo ad una sincera riflessione sull’amicizia, sul valore di essa per poter sentirsi ancora integri. Non conta il resto, conta l’amicizia: se cade questa cade anche il resto. Attraverso dialoghi indovinati e sfuggenti che sovente sostengono anche l’interesse nelle immagini, Towne dirige un film solare e morbido, di quelli che rasserenano ma anche aiutano a pensare a chi ci sta attorno. Per fortuna recuperabile in DVD.